Ricordo un fanciullo.
Qui presso il tuo tempio
saltava, correva,
chiudeva poderi con sassi,
guidava pannocchie aggiogate.
Ricordo i compagni. Uno scalzo
gioì quando un paio di scarpe
lasciò la Befana a lui buono
vicino al guanciale di crine.

Son tutti ora grandi.
E’ uomo il fanciullo. E’ dottore.
Gli anziani che un giorno
lo videro bimbo
l’osservano, forse lo invidiano.

Ma Tu sai perché guarda pensoso
il parapetto alto
che adesso c’è e non c’era,
perché guarda la strada asfaltata
che prima era bianca,
perché guarda il tuo tempio
che a lungo cadente ora è nuovo.
I tanti ricordi che il tempo
aveva velato e sbiadito
riemergono vivi, s’affollano,
gli danzano intorno.

O Santa Lucia,
Tu veglia i suoi dolci ricordi.
L’età che ha doveri più grandi
gli mostra ampie strade di luce.
Conviene lasciare i ricordi
alle pietre, alla polvere
che il vento solleva e trasporta
lontano.

(Dal Quaderno di poesie dell’agosto 1969).

(Nel rione osilese di Santa Lucia ho trascorso la mia fanciullezza. Ritornarvi da adulto fa soffrire di nostalgia e fa insieme dolorosamente capire che è tempo di abbandonare in modo definitivo i ricordi che sono anche i sogni formulati già allora e a lungo poi accarezzati, ma che si sono rivelati ormai irrealizzabili, per guardare invece verso la luce che gli viene mostrata dall’età raggiunta).